Estratti da testi critici
“Un caro pestifero, Nicola Gagliardi, esuberante e volitivo, commissionategli un “Alberto Da Giussano” e certamente a suo modo, con il dovuto rispetto al celeberrimo del Butti, ve lo farà e bene. (…) Quando noi di Brera, lo salutiamo alla sera con l’arrivederci, siamo certi che domani lo ritroveremo “nuovo”, come Lui vuole e vuole essere.
Milano, Accademia di Brera 1965 Scult. Prof. Ettore Calvelli.
“Abile plasticatore Nicola Gagliardi e attento studente al corso di nudo. Una promessa artistica di profonda artigiana formazione che merita un futuro di particolare attenzione”
Milano, Accademia di Brera Corso libero del nudo, 1966 Pitt. Prof. Gino Moro
“Le due teste muliebri dello scultore Nicola Gagliardi sono un esempio di appassionata ricerca di valori plastici ed espressivi; due valori che si complementano nell’equilibrio di una sensibilità contenuta dal modellato sobrio e sicuro. Meno convincente e più originale sembra invece il rilievo dal titolo “Peccatore” dello stesso Gagliardi. Gli elementi allusivi che rappresentano il concetto dell’opera sono bene impostati ma rischiano di cedere al gusto decorativo più che a quello narrativo. Comunque, l’evidente intenzione di sperimentare differenti orientamenti è sempre sintomo di buona lega.
Milano, Rotonda di Via Besana 1966 Prof. Umberto Fogliero
“Una parola a parte meritano le quattro sculture di Nicola Gagliardi, un artista di polso che ha già raggiunto notevoli risultati. Infatti la sua scultura è forte, incisa, ben orientata pur rimanendo nel campo del comprensibile, senza eccessi modernisti”
Legnano, Palazzo Leone Da Perego 1966 Prof. Guido Piero Conti
“Nicola Gagliardi. Egli attraversa le più disparate materie (dal travertino al bronzo alla terracotta) esprime attraverso i volumi e i contrasti delle sue opere lo stupore, l’attesa, l’ansia della nostra epoca, soprattutto in opere espressive come la “fame” e un “S. Giovannino” di considerevole bellezza “
Legnano, Club Artistico Le Muse, 1967 Prof. Guido Piero Conti
“E’ un piacere vedere un giovane, Nicola Gagliardi non solo abile “produttore” ma vero artista creativo, “Attesa” ne è un esempio che ci ricollega alla grande lezione della scultura italiana di A. Martini e non solo. L’indagine plastica qui presentata in tutte le sue sculture lasciano presagire grandi e future opere, non perdiamolo d’occhio! “
Milano, Galleria La Nuova Sfera , 1970 Prof. Raffaele De Grada
“Questa personale di Nicola Gagliardi è la prima che il giovane scultore tiene a Milano. L’autore, la cui formazione professionale ha radici che affondano nella tradizione famigliare, è ansioso di superare questa “prova” che alla luce di quanto egli ci propone si può dare tranquillamente per scontata. Gagliardi si è formato alla scuola di Brera, ha esordito con successo nel campo della scultura funeraria ed ha partecipata a mostre collettive in Italia e all’estero che gli hanno consentito di realizzare un rapido processo di maturazione. E nell’ambito delle sue esperienze che si sono svolte le evoluzioni espressive che lo hanno condotto a superare posizioni ancorate a quel figurativismo formale da cui ha preso avvio la sua arte. (….) L’apparente similitudine degli schemi di composizione sottolinea la profondità di ricerca espressiva che l’autore ha posto nell’affrontare il suo “discorso” che ci pare persuasivo ed eloquente. Si può quindi prevedere che lo scultore Gagliardi è preparato ad interpretare felicemente attraverso il segno della sua Opera anche in temi futuri.
Milano, Galleria Montenapoleone, 1970 Prof. Franz T. Sartori
“In un lessico moderno di classica induzione, d’assortite medardiane annotazioni, rese unitarie, Nicola Gagliardi si presenta più che da prefazione accademica, da una decantazione Artigiana, in un assunto di inquieto allaccio forma-anima.
Da nobili e rozze materie, argilla o bronzo argento o marmo, l’opera del Nostro nasce da intuita ricerca, d’una fusa, raggiunta personalità. L’ovvida conoscenza di nuovo messaggio, l’incontro equipara i valori trascorsi ai contemporanei, in attenti astuti d’accentuati discorsi, che affermano l’incisiva chiara validità del Nostro giovane Artista”.
Legnano, Galleria D’arte Internazionale , 1970 Critico Gian Battista Lillia
“La scultura di Nicola Gagliardi trae la sua originalità nell’accanita e costante ricerca di una “linea asciutta”, che escluda, nella levigatezza delle opere, ogni sovrastruttura accademica ed ogni “vuoto” superfluo. Si ha quindi in questa mostra il senso preciso di una essenzialità che trova radici nell’animo dell’Artista alla ricerca di una fede in cui ancora non si identifica. Egli si è ribellato peraltro anche a un certo contorsionismo di una linea di moda per sfuggire al meccanicismo astratto di certa scultura moderna. La validità del giovane artista sta proprio nella sua coerenza stilistica, nel suo giuoco non iconoclasta, ma innovatore in quanto scaturisce da un indiscutibile estro e buon gusto personale. Sono opere vigilate da una costante ansia interiore di intraprendere un linguaggio lucido e comprensibile nonostante le lusinghe dei moderni lenocini artistici. La scultura è un arte difficile per la vera lotta che esige contro la materia inerte, in questa lotta Gagliardi getta tutte le sue risorse d’artista, l’equilibrio dei volumi e la sua grammatica, la composizione delle linee portanti, la sua sintassi: Su queste basi Gagliardi ha molto ancora da dare e lo darà. L’importante è la fede in sé stesso che, in larga misura, può sostituire la fede in altri ideali ai quali l’artista si dice estraneo. D’altronde fu scritto che la vera morale per uno scrittore è quella di scrivere bene, questa massima di Cesarini può ripetersi in Gagliardi che in effetti conosce bene il suo mestiere.
Legnano , Galleria d’arte Internazionale, 1971 Prof. Guido Piero Conti
“E’ interessante il metodo che Gagliardi usa nella sua ricerca, perché lo scultore riesce a darci una visione solare dei personaggi trattati; le figure, senza ignorare ogni propria forma, come trasmutazione verso un assoluto, perdono le “descrizioni”. Dunque anche la più semplice rappresentazione di figura contiene in sé un racconto sul quale si potrebbe fare anche letteratura; tutte le opere cioè hanno una storia, che si regge su precisi canoni estetici per cui possono essere guardate come ricerca di pura forma, “Donna al sole”, ne è un interessante esempio.”
Milano, Galleria la Nuova sfera, 1972 Prof. Raffaele De Grada
“Tra i recenti protagonisti, Nicola Gagliardi si propone nel panorama della scultura contemporanea, che produce sculture erose dalla luce, come modellate da una incanto stilistico, che portano alla interpretazione plastica quasi “fideistica”. Una fede alla Medardo Rosso, una esasperazione della materia da A. Wildt,. Esperienze intelligenti, da vero sincero artista, come nell’opera “Maternità” sintesi di tensione unica.”
Legnano , Museo Civico G. Sutermeister, 1972 Prof. Alfio Coccia
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“Gagliardi è pervenuto al suo attuale periodo attorno al 1969-70. Ciò gli ha permesso di inserirsi nella problematica di quella tendenza scultorica odierna che propone una figuralità antropomorfica di radice allusiva, di contaminazione simbolica. E’ stato il suo un impegno di approfondimento e di evoluzione. Il Volume infatti non viene più scomposto, come prima, dalla materia. Diventa blocco possente, nucleo figurale, allusività potenziale. (…) “Uomo in preghiera”, “Maternità raccolta”, “Attesa”- 1971, “I lottatori”, “Donna al sole”, “Attesa”-1973, sono i lavori più impegnativi della mostra. In queste immagini l’emozionalità contenutistica assume il significato di un’autentica pulsazione poetica. (…) Sono passione e simbologia al tempo stesso. Gagliardi è un artista che merita di essere seguito nelle sue future esperienze.
Milano, Centro di cultura d’Arte Valori, 1973 Prof. Pedro Fiori
“La sensazione che suscita l’opera di Nicola Gagliardi si fa immagine attraverso una forza pregnante, un nodo allusivo, che si sublimano, che si concentrano all’interno della massa - la figura umana- oppure esplodono diramanti attraverso una metafora liberata, una fisicità prorompente, come avviene nei suoi recenti “cavalli”.
E’ chiaro che in Gagliardi gli stimoli di Moore sono stati assimilati e poi incorporati alla sua problematica in modo vitale, non “letterario”. Tutto ciò può essere colto infatti nella comunicatività scarna, essenziale, delle sue figure giacenti o imploranti, pervase da un’umanità che desta in noi una vibrazione poetica, un urto emotivo: qualità legate del resto ai simboli della nostra esistenza.
Sono queste allusività dinamiche della forma, questa possente equazione del blocco dove la luce si frantuma sulla superficie – blocco che sta ora cercando di rompere le strutturalità figurali- Le componenti di una consistenza plastica che si traduce in un vivo racconto antroplogico, inserito appunto in quella tendenza allusiva della scultura che propone oggi i valori permanenti dell’uomo.
Come ho gia scritto prima, Gagliardi è un giovane scultore che merita indubbiamente l’attenzione della critica. Un artista dunque da seguire nella sua evoluzione in crescita per quell’impegno e quell’autenticità che lo distinguono.”
Arona, Galleria d’Arte Arona , 1974 Prof. Pedro Fiori
“Lombardo anzi lombardissimo, nessuno come lui poteva capire cosa, appunto, significhi il valore, il senso, il dramma, la bellezza, ma altresì la gloria, di creare, in tutti i materiali possibili (materiali che egli domina con straordinaria perizia) “atti” culturali che rivelano, del destino umano, soprattutto un dato irrefutabile: la labilità dolente e felice, la precarietà; e il loro prossimo, e fatale, nulla. “
S. Vittore Ol., Studio Gagliardi, 1991 Critico e drammaturgo Giovanni Testori
“Colpisce subito, in uno sguardo panoramico sull’attività scultorea di Gagliardi, la padronanza insieme vigorosa ed elegante, dei materiali, la maestria nel piegarli alle intenzioni espressive, la gioia nel passare dalla dolcezza della fusione bronzea – che presuppone il lavoro di modellato su un mezzo malleabile- alla energica e preziosa forbitezza del marmo; e pure alla porosa delicatezza della pietra arenaria, la quale richiede ancora un altro trattamento e porta la scultura a esiti diversi…”
S. Vittore Ol. studio Gagliardi, 1992 Prof.ssa Rossana Bossaglia
“Nella lunga, complessa, drammatica vicenda della scultura moderna corre una sorta di filo impalpabile e segreto; un filo che sembra voler contestare proprio a lei, la scultura il suo stesso “statuto” plastico. Già avvertibile in Degas, tale filo prende forza, tanto più quanto più sembra snervarsi, nella sublime solitudine di Medardo Rosso. E riappare, poi tra fantasmi e sussulti; come se il plasticismo corposo e immane che lo circonda gli facesse paura. Pochi anni, tuttavia, bastano a mostrarci che spesso alcune delle verità più profonde del nostro tempo, la scultura, le ha raccontate proprio seguendo quel filo; cioè a dire, proprio con l’apparenza di negare se stessa. Un’apparenza che, in verità, nasconde il bisogno di togliere dalla scultura ogni segno troppo esteriore e calmante per riportarla all’interno del suo grumo di realtà che vive nell’aria e nello spazio, e che dall’aria e dallo spazio si lascia catturare e, altresì smangiare.
E’ su questa linea, dentro questo filo che, da anni, quando la fatica di gran lavorante alle repliche del Duomo milanese, gli dà respiro, lavora Gagliardi.
Così dalle prime figure di “Adolescenti”, ove senti battere ancora l’eco dell’”Ecce puer” di Medardo Rosso, alla serie dei piccoli nudi sdraiati, ovvero a quella, neo-degassiana, dei “Cavalli”, che cadono, si torgono o balzano nel velocissimo trotto, ecco l’approdo a queste recentissime “Immagini” di natura sconfinata: bassorilievi che si propongono come sunti di tutta la tensione che è nella terra e nei cieli per subito sfarsi e diventar cenere, proprio come un giorno accadrà anche a noi.
Sono “azioni” di scultura-luce, in cui la meditazione sul destino dell’uomo, della sua solitudine e, appunto, della sua precarietà sembrano straziarsi nelle lunghissime, ritmiche curvature delle zolle e appendersi, poi al piccolo, grande ”monumento-non-moumento” di un’albero; straziarsi e, insieme, prendere quell’ultima, sacra forza che, fuori da ogni retorica, riesce ad attribuire al fatto di esistere la sua unica, vera intangibile dignità”.
S. Vittore Ol. studio Gagliardi, 1992 Critico e drammaturgo Giovanni Testori
“Nel presentare Nicola Gagliardi si rende indispensabile allacciare la sua figura di creatore di forme profondamente immerse nel tormentato mondo della scultura moderna. Innovatore e al medesimo tempo attento custode delle tradizioni antiche egli opera a tutto campo sia nella propria creatività, sia nel campo del restauro artistico dove tuttavia lascia il “suo” segno a testimonianza di una grande sensibilità artistica. Molti non sanno che grande e pazientissimo lavoro sta svolgendo da anni per il recupero delle sculture esterne del Duomo di Milano. Sulle attuali guglie svettano infatti le sue statue a testimonianza di quelle antiche rinascimentali o barocche.”
Legnano, “25 anni di scultura” , 1994
Supremo magistrato della Sagra e Sindaco di Legnano Dr. Arch. Marco Turri
“Il percorso di Gagliardi, per altro, non è tutto figurativo, se intendiamo il termine in modo convenzionale ; passa attraverso esperienze differenziate, si misura via via con il suo tempo. Va anche detto che raramente l’artista segue una strada univoca, preferendo in ogni momento della sua vicenda accostare maniere diverse a seconda del tipo di soggetto, delle dimensioni e del destino per cui le singole opere sono pensate.
Negli anni sessanta lo vediamo volentieri alle prese con immagini astratto-informali, che hanno il loro corrispettivo, o meglio le loro prime prove, in disegni, specie inchiostri, di spedita nervosità. Ma negli stessi anni, e appunto nel disegno, una vena espressionistica connota immagini la cui radice pare doversi ravvisare nei grandi maestri tedeschi di quel filone. Mentre un’altra serie di opere grafiche dal tratto sottile sono tracciate con rapida grazia, persino con qualche nervosità alla Manzù. E ancora: le terrecotte di quel medesimo periodo modellano teste tornite che ci inquietano non per eccesso di espressività bensì per l’attonita disarmata innocenza; sono bambino o ragazzi con le orecchie a sventola e gli sguardi opachi, che discendono, se si vuole, dall’inalienabile tradizione di Medardo Rosso.
La vena di Gagliardi è nella sostanza dolorosa e persino amara; forse le opere astratte, “il grande seme” dell’85, la Fontana di Castellana del “67, gli consentono di uscire dalla morsa di agre riflessioni per sublimarle al di là dei riscontri naturalistici. D’altro canto la pratica del ritratto, che egli esplica con autorevole franchezza e padronanza delle fisionomie, lo tiene legato a una corrispondenza affettuosa con il reale. Ma dagli anni settanta la serie di animali in cui egli esercita sapienza anatomica e mette a frutto studi sul movimento dei corpi, quando pure sono belli e vitali , esprimono tensione drammatica.
Sono bellissimi cavalli, dove senti in vari casi la suggestione di Marino, così come nelle “Bagnanti” è chiara l’orma di Arturo Martini. Ma sono cavalli rampanti o precipiti, distesi, rivoltati, straziati; sembra che il tema ricorrente sia la caduta, la disfatta, il dolore. E anche i nudini Martiniani di cui si diceva poco sopra, resi con una materia lucidissima e levigatissima, perdono la sostanza sensuale del modello per farsi simboli di un’umile carnalità.
E si guardi, per cogliere il fondo agro dell’ispirazione dell’artista, le sculture bronzee definite “satire”, ove la figura umana è stravolta in forma di pagliaccio, beffardo simbolo di totale povertà interiore.
Però, sia chiaro, quando il soggetto trascina Gagliardi verso una rappresentazione in positivo, quando gli ispira un discorso nobile, o grande, egli trova toni di generoso respiro. E citerò tre esempi che mi paiono soprattutto rappresentativi: la versione moderna del classico “Spinario”, dove il corpo giovanile è simbolo puro di armoniosa bellezza (e siamo nel 1974), il dolce e severo “Cristo” in marmo di Candoglia”, del 1988, dove il dolore è simboleggiato in termini di sublimazione estetica (e i riccioliscuri attorno al chiaro volto reclino sono insieme giovanile capigliatura e corona di spine); e il ritratto di Che Guevara, del 1972, a un tempo duro e ispirato, corrucciato e percorso di speranza.
Gagliardi, attento conoscitore della scultura antica per averla studiata da vicino, maneggiandola ed immedesimandosi nella sua concreta identità, crede nella scultura come al mezzo umanamente più alto per condensare in un oggetto ricordi, riflessioni, esperienze, e consegnate come messaggio, che cisascuno farà suo in un libero rapporto interpretativo”.
Legnano, “25 anni di scultura”, 1994 Prof.ssa Rossana Bossaglia
“Non fa eccezione Nicola Gagliardi, plasticatore e scultore di alto mestiere, di acuta sensibilità e di appassionata quanto provata umanità, cui non fa certamente difetto la conoscenza delle complesse tecniche, legate all’arte tridimensionale, che ci vengono da antiche civiltà nelle varie modalità scultoree: in pietra e marmo, in terracotta e ceramica o in legno, o mediante lo sbalzo e l’incisione. Tecniche e modalità che, da sempre, Nicola Gagliardi accompagna, rinnova e sostiene con il ricco bagaglio, tenuto sempre aggiornato con una attenta e versatile ricerca tecnologica, maturata dalle risorse messegli oggi a disposizione e adattate alle proprie necessità espressive per imprimere nuova vita alla materia.
Mi riferisco all’incontro, dapprima occasionale, che sul finire degli anni settanta, Gagliardi ebbe la ventura di sperimentare e poi stabilire- una collaborazione, infatti, che dura tuttora- con il cantiere della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.
Nel restauro conservativo della cattedrale milanese, ha forte rilevanza la statuaria, quasi 3.400 statue prodotte incessantemente da sei secoli. Per preservare quelle molto degradate dalla totale rovina e, nel contempo, per mantenere inalterato l’aspetto d’insieme, storico e artistico, del monumento, secondo una prassi comune in tutte le cattedrali gotiche, occorre di tanto in tanto provvedere alla loro replica, destinando gli originali alle raccolte della Fabbrica.
Fu così che, in aiuto al cantiere del Duomo, iniziò la collaborazione dello scultore Gagliardi. Il ripetuto contatto con statue d’ogni epoca e con un marmo dall’impasto e dal colore eccezionali, come quello di Candoglia, è stata l’occasione per il nostro artista di ripercorrere secoli di scultura lombarda e di misurarsi con un materiale – capace di trasparenze e di preziosità di trattamento difficili da conseguire con altri marmi- ma non facile da domare, da piegare ai desideri dello scultore e ai virtuosismi, messi in atto dal Gagliardi manovrando scalpelli, gradine e subbie, che il Candoglia stesso sovente suggerisce…..,, Ogni uomo, e in particolare l’artista, non viene mai dal nulla, ha dietro di sé- lo voglia o nò, ne sia consapevole o meno – un patrimonio genetico senza il quale nessuno può essere quello che è.
E, allora, è quanto mai responsabile, oltre che produttivo, l’atteggiamento di chi – come Nicola Gagliardi cerca di conoscere quanto gli sta alle spalle, ciò che lo ha preceduto: l’inesauribile bagaglio di cultura che è creatività, pensiero, esperienza, sofferenza, ma anche gioiosa libertà – dal quale proviene ed è alimentato. … Ed à quanto noi ritroviamo, felicemente ed autonomamente riproposto, nelle sue molte opere”.
Milano 1992, Dr. Arch. Ernesto Brivio
Vice architetto della “Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano”
Direttore del Museo del Duomo e Presidente della “European Chedrals Association”
“La ricerca di qualcosa che completi sempre più l’artista, proprio perché uomo, è l’aspirazione che mi spinge a cercare nello spazio la materializzazione di uno “specchio migliore”, il cui “riflesso”, a volte è solamente l’ansia di essere che mi sta attorno e dentro. (…) Il mio lavoro è diventato ormai un rincorrersi di situazioni, delle quali la più nuova, la più presente, non è mai appagata dalla “scultura precedente”, ( Arona Galleria D’Arte, 1977)
Queste parole di Nicola Gagliardi danno il senso che sottende il suo percorso artistico: coerente, ma mai bloccato su posizioni preconcette, espresso nei materiali più diversi, lavorati con straordinaria maestria. Facendo tesoro della lezione dei grandi maestri del 900, crea opere che vanno dalla piccola scultura sino al monumento. Coscenzioso nel restauro come nella replica di sculture del passato, umile nel cogliere da queste i suggerimenti utili per il suo operare più creativo. Tutto ciò lo si percepisce nell’antologica legnanese curata con scrupolosità dall’artista, che ha radunato opere di dimensioni contenute provenienti da collezioni private e di sua proprietà: 55 sculture, 7 ceramiche, alcune opere di grafica, gigantografie con repliche di statue del Duomo di Milano
Legnano, 25 anni di scultura 1994 Critico d’Arte Dr. Fabrizio Rovesti
“Per il primo teorico della statuaria, Leon Battista Alberti, la scultura consiste essenzialmente nel “tradurre nell’opera figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura”. Come la natura è consapevole di ciò che crea, così lo scultore, con i procedimenti della propria disciplina e con la necessaria diligenza, scoprirà i particolari principi della sua arte. Dalla natura apprenderà le regole e i mezzi sicuri con cui raggiungere l’eccellenza. L’opera dello scultore è vista dal grande teorico del rinascimento come in’imitazione non affidata al caso ma a regole precise. Queste si scoprono con il rilevamento delle misure e la presa dei punti. Ed è un processo che non si arresta nell’imitazione diretta di un corpo naturale, poiché prosegue nel passaggio dal modello in creta alla realizzazione in marmo. Scolpire è soprattutto misurare. Se questa definizione, accompagnata da consigli pratici e da strumenti appositi, può soddisfare la linea di principio, non tocca, tuttavia, il problema centrale dello scolpire: cioè il conflitto diretto con la materia, un corpo a corpo di cui Leonardo denunciava la fatica. E’ proprio nel domare la materia che si dimostrano le capacità dello scultore.
A questo proposito è interessante venire più vicino alla nostra epoca e ascoltare uno dei discorsi pronunciati dal direttore della Royal Academy di Londra, il pittore Sir Joshua Reynolds, fra il 1789 e il 1790. Per Reynolds l’esecuzione delle copie era un aspetto molto importante nell’educazione degli artisti. Proprio attraverso le copie e la scelta dei modelli del passato l’artista poteva trovare se stesso. Infatti, sosteneva, questo esercizio metteva lo studente direttamente a confronto con la grande tradizione, sospingendolo all’autocritica e all’emulazione. Eseguendo le copie, precisava, l’allievo diventa il proprio stesso maestro, perché perfeziona la propria abilità sperimentandola direttamente e non per accontentare un maestro. “Lo stile nella pittura (ma il discorso può essere esteso anche alla scultura) è lo stesso che nella scrittura, un potere sulla materia, che siano parole o colori, in cui concetti e sentimenti prendono forma”. Acquisire potere sulla materia è tanto più difficile esercizio quando la materia stessa è il marmo – che richiede un’operazione “in levare” – anziché la pittura o la scrittura, che si aggiungono alla pagina o alla tela vuote.
Questi aspetti – il ruolo del modello, l’importanza della copia, la sfida del mestiere – sono presenti nella mostra progettata da Nicola Gagliardi intorno a uno dei temi più antichi della scultura: quello della Madonna col Bambino.
Sono materiali che Gagliardi ha raccolto nel tempo e conservato nel suo studio: opere provenienti da gipsoteche e da laboratori ormai estinti, ma anche un piccolo nucleo appartenuto allo scultore Antonio Gagliardi che ci parla della trasmissione del mestiere di padre in figlio e, di nuovo, del paziente esercizio di copia sugli esempi della grande scultura toscana del Tre e Quattrocento.
Su questo fronte si è cimentato lo stesso Gagliardi utilizzando tecniche diverse: dalla fusione a cera persa da un modello dell’ambito del Rossellino, alla terracotta smaltata e alla ceramica raku ispirate a bassorilievi toscani trecenteschi, per giungere al vero banco di prova per lo scultore che è la lavorazione del marmo. Il riferimento è sempre alla scultura toscana, da Giovanni di <Balduccio fattosi milanese nell’arca di San Pietro Martire, fino al confronto più arduo, quello con il Tondo Taddei di Michelangelo.
Certamente si tratta di copie ma anche in queste c’è un margine per l’interpretazione personale, per cogliere dettagli che possono colpire in modo diverso la sensibilità di chi si accosta al modello.
Senza dubbio ciò che emerge da queste prove è l’abilità nell’uso dei materiali, la profonda conoscenza della tecnica, l’assoluta padronanza del mestiere: ma si tratta di un patrimonio di saperi indispensabile che riemerge quando, dalla copia, Gagliardi passa alla creazione autonoma. E’ qui che la lunga disciplina e gli insegnamenti maturati nella consuetudine con l’arte antica danno i frutti migliori.
Milano, Basilica Insigne Santi Apostoli e Nazaro Maggiore “Divina Madre” 2002
Dr.ssa Maria Teresa Fiorio
Soprintendente ai beni artistici, storici e demoetnoantropologici della Lombardia
“Un uomo è quello che fa. In quaranta anni di lavoro Gagliardi ha dimostrato, prima di tutto a se stesso, che non avrebbe potuto essere e fare, con medesimo successo, nient’altro che lo scultore.
Gagliardi ha dedicato metà della sua attività artistica collaborando con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Egli ha replicato poco meno di cento statue di marmo di Candoglia , a beneficio di quello straordinario monumento dell’arte di tutti i tempi che è il Duomo di Milano.
E riesce difficile immaginare un’altra palestra altrettanto formidabile in cui confermare ed affinare il talento di uno scultore.
Vederlo lavorare è un’esperienza che spiega molto delle sua personalità. Lavorare alacremente e con acribia è sempre stato l’imperativo di gagliardi. Non c’è, tra l’altro, materiale con cui non ottenga risultati eccellenti e non ha mai esercitato la sua grande abilità con segretezza gelosa.
Il suo studio è stato, infatti, una scuola in cui diversi giovani artisti hanno imparato il “mestiere”.
San Vittore Olona, studio Gagliardi 2005 Dr. Alfonso Ferrari
“L’artista sempre offre una situazione antica e moderna insieme, aperta e a riepiloghi più svariati (…) ma in ogni caso situata nello slancio vitale di un sollievo universale, dove si sommano a un tempo le nostre incertezze e le nostre aspirazioni” (Apollonio).
Nella scultura di Nicola Gagliardi è costante il riferimento ad una nobile tradizione, che precede il passaggio dal progetto su carta all’opera finita, attraverso pratiche eminentemente artigianali. Dall’abbozzo iniziale, sintetico e sommario, al disegno complessivo, dalla preparazione dei bozzetti allo studio dell’influenza della luce – componente non secondaria- sono molteplici i problemi operativi che l’artista affronta, immaginando anche l’effetto complessivo che la scultura produrrà nella collocazione finale. Contestualmente all’elaborazione dei concetti, vi è un procedere “Concreto”, che scandisce i diversi momenti di lavorazione fino al raggiungimento del grado supremo di rifinitezza.
Così è avvenuto anche per i due altorilievi dell’Istituto scolastico voluto e finanziato da Talisio Tirinnanzi a Legnano; essi costituiscono il risultato di un confronto fra le idealità dell’artista e le aspirazioni del committente, volto a celebrare la memoria dei genitori e rendere omaggio alla città che a suo tempo li aveva ospitati.” (…) Nicola Gagliardi ha tradotto nel marmo la sua personale e feconda idea della scuola, affidando il proprio messaggio ad alcuni elementi allegorici. Nell’ altorilievo dedicato alla Scrittura, Ponte Vecchio diviene in tal modo metafora del collegamento tra civiltà e culture diverse, “ponte” in grado di veicolare lo scambio d’informazioni.
Nel paesaggio di Vignale Monferrato è invece leggibile il messaggio relativo alla necessità di un costante impegno in ogni attività umana: solo con la pazienza – a con la fatica- è infatti possibile ottenere buoni risultati, a scuola come nell’attività agricola, e di ciò sono testimonianza le dolci colline coltivata a vugna dell’altorilievo raffigurante La lettura.”
Legnano, 2007 Dr.ssa Marina Degl’Innocenti
“I restauri delle porte bronzee della Basilica di San Magno e del Monumento al Guerriero, oltre alla realizzazione dell’altare maggiore nella chiesa di Sant’Erasmo e al busto bronzeo al compositore Paolo F. Neglia : a queste opere per Legnano era legato, fino a oggi, il nome di Nicola Gagliardi. Sculture eclettico, voce dei nostri giorni con le radici saldamente infisse nella grande tradizione artistica italiana , Gagliardi arricchisce oggi la città di nuove opere, i due altorilievi collocati nel nuovo Istituto Tirinnanzi. Un lavoro, quest’ultimo di Gagliardi, che sintetizza al meglio il senso di un’opera su committenza, come quella destinata alla scuola fortemente voluta e finanziata da Talisio Tirinnanzi. La dimensione intima, familiare ricreata dallo scultore con la raffigurazione dei genitori di Tirinnanzi diventa “opera pubblica” non solo perché collocata all’ingresso dell’eistituto scolastico, quindi posta ad accogliere tutti i suoi visitatori; lo è soprattutto per i richiami a figure della cultura universalmente riconosciute, Dante e la musa Talia, che, pur ricollegandosi al vissuto dei coniugi, sono in grado di parlare a tutti. E soprattutto parlano ai discenti, primi fruitori, nella loro frequentazione quotidiana, della scuola. Così un omaggio tutto personale, un intervento “privato” può assumere un significato per la collettività; così uno scultore riesce veramente a essere un artista civile.
Legnano, 2007 Sindaco di Legnano Dr. Lorenzo Vitali
“In questa annata del 40° di fondazione, a Broni è ospite del Centro “Contardo Barbieri” un artista lombardo di razza, uno scultore che con la sua vasta ed articolata opera, come ha scritto Giovanni Testori, ha dimostrato di “capire cosa significhi il valore, il senso, il dramma, la bellezza, ma altresì la gloria, di creare in tutti i materiali possibili, atti culturali” (…) Diamo dunque un “benvenuto” all’artista per un dialogo cordiale e stimolante con Nicola Gagliardi, ospite a Broni “Re di Pais”
Broni, Centro Artistico “Contardo Barbieri” , 2006 Dr. Siro Brondoni
“Tra le arti, la scultura è forse quella meno facile: non ha l’immediatezza di un bel dipinto che trasmette emozioni coi suoi colori e le sue figure, né di una solenne architettura che si impone quale testimone dello spirito di un’epoca.
La scultura, anche nella monumentalità che spesso la caratterizza, è più discreta: le statue o i bassorilievi sembrano rivolgersi al pubblico con riserbo, pudicamente, e sembrano comunicare un messaggio che può essere inteso solo soffermandosi più a lungo a contemplare, a mirare come dicevano gli antichi Latini.
Osservare – mirare – contemplare – riflettere : verbi caduti in disuso nell’era della velocità, dei voli che catapultano rapidamente in parti opposte del globo, di internet che all’istante ci sommerge di dati, informazioni e notizie last minute.
Per questo, acquista sapore di eccezionalità la visita ad una mostra di scultura, come quella allestita a Broni con le opere di Nicola Gagliardi.
Entrando nella sala, le sculture ci accolgono in un caloroso abbraccio di forme e colori che immediatamente ci trascina altrove, in una sfera lontana, dove il quotidiano scompare per proiettarci nel mondo del mito e del sogno. Odisseo ci trascina sulle onde del suo mare infinito, gravido di insidie, ma affascinante e travolgente come l’ebrezza di Dioniso, ma le onde sono anche quelle in cui ci trastulliamo nelle nostre vacanze e davanti alle quali “Il va tout bien”; poi ci inerpichiamo sulle colline ed è dolce andare su quelle morbide alture dai colori soffici e lievi, dove pure ricompare il sogno, con le sue labbra ebbre di vita e d’amore.
Il sogno, quello di Breton, sulla luna dolce: “Vergine luna” diceva il poeta, mai paga di “riandare i sempiterni calli”, che stai in cielo, a contemplare le vicende umane delle quali a noi spesso sfugge il senso, che però “tu certo comprendi” vedendo il frutto/ del mattin, della sera,/ del tacito, infinito andar del tempo”, Ci affascina questa luna, come la creatura che su di essa morbidamente si adagia …, ma presto ritorniamo sulla terra, dove i cavalli si contorcono violentemente riportandoci alla realtà di una sofferenza che troppo spesso attanaglia l’uomo.
“Spesso il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia,/era l’incartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato”.
L’uomo… sì, rieccolo, ma è un uomo pensante, non il potente pensatore di Rodin, è l’uomo davanti al suo scrittoio, che incarna il nostro profondo bisogno di solitudine, di ricerca quotidiana del proprio essere,di quotidiano sforzo per trovare il senso del proprio esistere.
In quell’uomo davanti allo scrittoio, sia esso vuoto o visitato dalla civetta e dal pinguino, ci siamo tutti noi , uomini del Terzo Millennio, circondati da squisiti confort forniti dalla tecnologia, ma anche un po’impauriti dai nostri stessi progressi oppure delusi dai mille perché ancora rimasti irrisolti, dalle mille ingiustizie che gridano il proprio dolore; quell’uomo che pensa, incarna la nostra speranza, la fiducia che tuttavia non ci abbandona, perché - ancora una volta- l’arte ci ha ammaliati, ci ha rasserenati, ci ha fatti sentire tutt’uno con l’universo.
L’arte è sogno, immaginazione, vita, ricerca dell’io, ricerca di un’essenza comune, quella per cui goà Terenzio – più di Duemila anni fa – diceva Homo sum: umani nihil a me alienum puto.
Broni, “Poesia della scultura” 2006 Dr.ssa Marilena Goracci
“L’arte è un modo speciale di pensare” scriveva alla fine degli anni70 l’emminente critico Harold Rosenberg. Si tratta di parole chiare e decise su una questione inconsistente che dovrebbe essere pacifica, ma che invece si è trascinata nei secoli, come testimonia Leonardo.
In effetti per quanto riguarda l’artista non è possibile pensare che si tratti di un artigiano solo più intelligente, con maggiore cultura e consapevolezza, dotato di conoscenze approfondite, preferibilmente con un occhio al passato e sul presente. Il punto centrale è che l’artista possiede una sua capacità di pensiero quindi elabora concetti ed idee, infine è in grado di esprimere giudizi critici. Ovviamente se si è di fronte ad un vero artista tutto questo deve risultare dalle sue opere, come si dirà più avanti.
Considerazioni di questo tipo occupavano la mia mente mentre tornavo nello studio di Nicola Gagliardi, intento a selezionere le opere per questa esposizione di sculture e rilievi policromi. Era evidente che l’artista aveva in mente un suo progetto e mi sembrava anche che, spostandole e allineandole, egli trattasse queste sue opere con tenerezza, come piccoli figli: forse perché alcune di esse costituivano un nuovo ciclo oppure perché un certo soggetto, già realizzato in precedenza, aveva ora acquistato un’anima più ricca per la diversa tecnica impiegata, ancora perché un certo colore rendeva più vibrante la materia. (….)
Senza dubbio ci aiutano a riconoscere l’effimero e a guardare il concreto, lasciando spazio alle emozioni profonde della mente e del cuore.
Angera “La realtà e Oltre” Studio D’arte Libery , 2007 Dr. Michele Petrantoni
Milano, Accademia di Brera 1965 Scult. Prof. Ettore Calvelli.
“Abile plasticatore Nicola Gagliardi e attento studente al corso di nudo. Una promessa artistica di profonda artigiana formazione che merita un futuro di particolare attenzione”
Milano, Accademia di Brera Corso libero del nudo, 1966 Pitt. Prof. Gino Moro
“Le due teste muliebri dello scultore Nicola Gagliardi sono un esempio di appassionata ricerca di valori plastici ed espressivi; due valori che si complementano nell’equilibrio di una sensibilità contenuta dal modellato sobrio e sicuro. Meno convincente e più originale sembra invece il rilievo dal titolo “Peccatore” dello stesso Gagliardi. Gli elementi allusivi che rappresentano il concetto dell’opera sono bene impostati ma rischiano di cedere al gusto decorativo più che a quello narrativo. Comunque, l’evidente intenzione di sperimentare differenti orientamenti è sempre sintomo di buona lega.
Milano, Rotonda di Via Besana 1966 Prof. Umberto Fogliero
“Una parola a parte meritano le quattro sculture di Nicola Gagliardi, un artista di polso che ha già raggiunto notevoli risultati. Infatti la sua scultura è forte, incisa, ben orientata pur rimanendo nel campo del comprensibile, senza eccessi modernisti”
Legnano, Palazzo Leone Da Perego 1966 Prof. Guido Piero Conti
“Nicola Gagliardi. Egli attraversa le più disparate materie (dal travertino al bronzo alla terracotta) esprime attraverso i volumi e i contrasti delle sue opere lo stupore, l’attesa, l’ansia della nostra epoca, soprattutto in opere espressive come la “fame” e un “S. Giovannino” di considerevole bellezza “
Legnano, Club Artistico Le Muse, 1967 Prof. Guido Piero Conti
“E’ un piacere vedere un giovane, Nicola Gagliardi non solo abile “produttore” ma vero artista creativo, “Attesa” ne è un esempio che ci ricollega alla grande lezione della scultura italiana di A. Martini e non solo. L’indagine plastica qui presentata in tutte le sue sculture lasciano presagire grandi e future opere, non perdiamolo d’occhio! “
Milano, Galleria La Nuova Sfera , 1970 Prof. Raffaele De Grada
“Questa personale di Nicola Gagliardi è la prima che il giovane scultore tiene a Milano. L’autore, la cui formazione professionale ha radici che affondano nella tradizione famigliare, è ansioso di superare questa “prova” che alla luce di quanto egli ci propone si può dare tranquillamente per scontata. Gagliardi si è formato alla scuola di Brera, ha esordito con successo nel campo della scultura funeraria ed ha partecipata a mostre collettive in Italia e all’estero che gli hanno consentito di realizzare un rapido processo di maturazione. E nell’ambito delle sue esperienze che si sono svolte le evoluzioni espressive che lo hanno condotto a superare posizioni ancorate a quel figurativismo formale da cui ha preso avvio la sua arte. (….) L’apparente similitudine degli schemi di composizione sottolinea la profondità di ricerca espressiva che l’autore ha posto nell’affrontare il suo “discorso” che ci pare persuasivo ed eloquente. Si può quindi prevedere che lo scultore Gagliardi è preparato ad interpretare felicemente attraverso il segno della sua Opera anche in temi futuri.
Milano, Galleria Montenapoleone, 1970 Prof. Franz T. Sartori
“In un lessico moderno di classica induzione, d’assortite medardiane annotazioni, rese unitarie, Nicola Gagliardi si presenta più che da prefazione accademica, da una decantazione Artigiana, in un assunto di inquieto allaccio forma-anima.
Da nobili e rozze materie, argilla o bronzo argento o marmo, l’opera del Nostro nasce da intuita ricerca, d’una fusa, raggiunta personalità. L’ovvida conoscenza di nuovo messaggio, l’incontro equipara i valori trascorsi ai contemporanei, in attenti astuti d’accentuati discorsi, che affermano l’incisiva chiara validità del Nostro giovane Artista”.
Legnano, Galleria D’arte Internazionale , 1970 Critico Gian Battista Lillia
“La scultura di Nicola Gagliardi trae la sua originalità nell’accanita e costante ricerca di una “linea asciutta”, che escluda, nella levigatezza delle opere, ogni sovrastruttura accademica ed ogni “vuoto” superfluo. Si ha quindi in questa mostra il senso preciso di una essenzialità che trova radici nell’animo dell’Artista alla ricerca di una fede in cui ancora non si identifica. Egli si è ribellato peraltro anche a un certo contorsionismo di una linea di moda per sfuggire al meccanicismo astratto di certa scultura moderna. La validità del giovane artista sta proprio nella sua coerenza stilistica, nel suo giuoco non iconoclasta, ma innovatore in quanto scaturisce da un indiscutibile estro e buon gusto personale. Sono opere vigilate da una costante ansia interiore di intraprendere un linguaggio lucido e comprensibile nonostante le lusinghe dei moderni lenocini artistici. La scultura è un arte difficile per la vera lotta che esige contro la materia inerte, in questa lotta Gagliardi getta tutte le sue risorse d’artista, l’equilibrio dei volumi e la sua grammatica, la composizione delle linee portanti, la sua sintassi: Su queste basi Gagliardi ha molto ancora da dare e lo darà. L’importante è la fede in sé stesso che, in larga misura, può sostituire la fede in altri ideali ai quali l’artista si dice estraneo. D’altronde fu scritto che la vera morale per uno scrittore è quella di scrivere bene, questa massima di Cesarini può ripetersi in Gagliardi che in effetti conosce bene il suo mestiere.
Legnano , Galleria d’arte Internazionale, 1971 Prof. Guido Piero Conti
“E’ interessante il metodo che Gagliardi usa nella sua ricerca, perché lo scultore riesce a darci una visione solare dei personaggi trattati; le figure, senza ignorare ogni propria forma, come trasmutazione verso un assoluto, perdono le “descrizioni”. Dunque anche la più semplice rappresentazione di figura contiene in sé un racconto sul quale si potrebbe fare anche letteratura; tutte le opere cioè hanno una storia, che si regge su precisi canoni estetici per cui possono essere guardate come ricerca di pura forma, “Donna al sole”, ne è un interessante esempio.”
Milano, Galleria la Nuova sfera, 1972 Prof. Raffaele De Grada
“Tra i recenti protagonisti, Nicola Gagliardi si propone nel panorama della scultura contemporanea, che produce sculture erose dalla luce, come modellate da una incanto stilistico, che portano alla interpretazione plastica quasi “fideistica”. Una fede alla Medardo Rosso, una esasperazione della materia da A. Wildt,. Esperienze intelligenti, da vero sincero artista, come nell’opera “Maternità” sintesi di tensione unica.”
Legnano , Museo Civico G. Sutermeister, 1972 Prof. Alfio Coccia
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“Gagliardi è pervenuto al suo attuale periodo attorno al 1969-70. Ciò gli ha permesso di inserirsi nella problematica di quella tendenza scultorica odierna che propone una figuralità antropomorfica di radice allusiva, di contaminazione simbolica. E’ stato il suo un impegno di approfondimento e di evoluzione. Il Volume infatti non viene più scomposto, come prima, dalla materia. Diventa blocco possente, nucleo figurale, allusività potenziale. (…) “Uomo in preghiera”, “Maternità raccolta”, “Attesa”- 1971, “I lottatori”, “Donna al sole”, “Attesa”-1973, sono i lavori più impegnativi della mostra. In queste immagini l’emozionalità contenutistica assume il significato di un’autentica pulsazione poetica. (…) Sono passione e simbologia al tempo stesso. Gagliardi è un artista che merita di essere seguito nelle sue future esperienze.
Milano, Centro di cultura d’Arte Valori, 1973 Prof. Pedro Fiori
“La sensazione che suscita l’opera di Nicola Gagliardi si fa immagine attraverso una forza pregnante, un nodo allusivo, che si sublimano, che si concentrano all’interno della massa - la figura umana- oppure esplodono diramanti attraverso una metafora liberata, una fisicità prorompente, come avviene nei suoi recenti “cavalli”.
E’ chiaro che in Gagliardi gli stimoli di Moore sono stati assimilati e poi incorporati alla sua problematica in modo vitale, non “letterario”. Tutto ciò può essere colto infatti nella comunicatività scarna, essenziale, delle sue figure giacenti o imploranti, pervase da un’umanità che desta in noi una vibrazione poetica, un urto emotivo: qualità legate del resto ai simboli della nostra esistenza.
Sono queste allusività dinamiche della forma, questa possente equazione del blocco dove la luce si frantuma sulla superficie – blocco che sta ora cercando di rompere le strutturalità figurali- Le componenti di una consistenza plastica che si traduce in un vivo racconto antroplogico, inserito appunto in quella tendenza allusiva della scultura che propone oggi i valori permanenti dell’uomo.
Come ho gia scritto prima, Gagliardi è un giovane scultore che merita indubbiamente l’attenzione della critica. Un artista dunque da seguire nella sua evoluzione in crescita per quell’impegno e quell’autenticità che lo distinguono.”
Arona, Galleria d’Arte Arona , 1974 Prof. Pedro Fiori
“Lombardo anzi lombardissimo, nessuno come lui poteva capire cosa, appunto, significhi il valore, il senso, il dramma, la bellezza, ma altresì la gloria, di creare, in tutti i materiali possibili (materiali che egli domina con straordinaria perizia) “atti” culturali che rivelano, del destino umano, soprattutto un dato irrefutabile: la labilità dolente e felice, la precarietà; e il loro prossimo, e fatale, nulla. “
S. Vittore Ol., Studio Gagliardi, 1991 Critico e drammaturgo Giovanni Testori
“Colpisce subito, in uno sguardo panoramico sull’attività scultorea di Gagliardi, la padronanza insieme vigorosa ed elegante, dei materiali, la maestria nel piegarli alle intenzioni espressive, la gioia nel passare dalla dolcezza della fusione bronzea – che presuppone il lavoro di modellato su un mezzo malleabile- alla energica e preziosa forbitezza del marmo; e pure alla porosa delicatezza della pietra arenaria, la quale richiede ancora un altro trattamento e porta la scultura a esiti diversi…”
S. Vittore Ol. studio Gagliardi, 1992 Prof.ssa Rossana Bossaglia
“Nella lunga, complessa, drammatica vicenda della scultura moderna corre una sorta di filo impalpabile e segreto; un filo che sembra voler contestare proprio a lei, la scultura il suo stesso “statuto” plastico. Già avvertibile in Degas, tale filo prende forza, tanto più quanto più sembra snervarsi, nella sublime solitudine di Medardo Rosso. E riappare, poi tra fantasmi e sussulti; come se il plasticismo corposo e immane che lo circonda gli facesse paura. Pochi anni, tuttavia, bastano a mostrarci che spesso alcune delle verità più profonde del nostro tempo, la scultura, le ha raccontate proprio seguendo quel filo; cioè a dire, proprio con l’apparenza di negare se stessa. Un’apparenza che, in verità, nasconde il bisogno di togliere dalla scultura ogni segno troppo esteriore e calmante per riportarla all’interno del suo grumo di realtà che vive nell’aria e nello spazio, e che dall’aria e dallo spazio si lascia catturare e, altresì smangiare.
E’ su questa linea, dentro questo filo che, da anni, quando la fatica di gran lavorante alle repliche del Duomo milanese, gli dà respiro, lavora Gagliardi.
Così dalle prime figure di “Adolescenti”, ove senti battere ancora l’eco dell’”Ecce puer” di Medardo Rosso, alla serie dei piccoli nudi sdraiati, ovvero a quella, neo-degassiana, dei “Cavalli”, che cadono, si torgono o balzano nel velocissimo trotto, ecco l’approdo a queste recentissime “Immagini” di natura sconfinata: bassorilievi che si propongono come sunti di tutta la tensione che è nella terra e nei cieli per subito sfarsi e diventar cenere, proprio come un giorno accadrà anche a noi.
Sono “azioni” di scultura-luce, in cui la meditazione sul destino dell’uomo, della sua solitudine e, appunto, della sua precarietà sembrano straziarsi nelle lunghissime, ritmiche curvature delle zolle e appendersi, poi al piccolo, grande ”monumento-non-moumento” di un’albero; straziarsi e, insieme, prendere quell’ultima, sacra forza che, fuori da ogni retorica, riesce ad attribuire al fatto di esistere la sua unica, vera intangibile dignità”.
S. Vittore Ol. studio Gagliardi, 1992 Critico e drammaturgo Giovanni Testori
“Nel presentare Nicola Gagliardi si rende indispensabile allacciare la sua figura di creatore di forme profondamente immerse nel tormentato mondo della scultura moderna. Innovatore e al medesimo tempo attento custode delle tradizioni antiche egli opera a tutto campo sia nella propria creatività, sia nel campo del restauro artistico dove tuttavia lascia il “suo” segno a testimonianza di una grande sensibilità artistica. Molti non sanno che grande e pazientissimo lavoro sta svolgendo da anni per il recupero delle sculture esterne del Duomo di Milano. Sulle attuali guglie svettano infatti le sue statue a testimonianza di quelle antiche rinascimentali o barocche.”
Legnano, “25 anni di scultura” , 1994
Supremo magistrato della Sagra e Sindaco di Legnano Dr. Arch. Marco Turri
“Il percorso di Gagliardi, per altro, non è tutto figurativo, se intendiamo il termine in modo convenzionale ; passa attraverso esperienze differenziate, si misura via via con il suo tempo. Va anche detto che raramente l’artista segue una strada univoca, preferendo in ogni momento della sua vicenda accostare maniere diverse a seconda del tipo di soggetto, delle dimensioni e del destino per cui le singole opere sono pensate.
Negli anni sessanta lo vediamo volentieri alle prese con immagini astratto-informali, che hanno il loro corrispettivo, o meglio le loro prime prove, in disegni, specie inchiostri, di spedita nervosità. Ma negli stessi anni, e appunto nel disegno, una vena espressionistica connota immagini la cui radice pare doversi ravvisare nei grandi maestri tedeschi di quel filone. Mentre un’altra serie di opere grafiche dal tratto sottile sono tracciate con rapida grazia, persino con qualche nervosità alla Manzù. E ancora: le terrecotte di quel medesimo periodo modellano teste tornite che ci inquietano non per eccesso di espressività bensì per l’attonita disarmata innocenza; sono bambino o ragazzi con le orecchie a sventola e gli sguardi opachi, che discendono, se si vuole, dall’inalienabile tradizione di Medardo Rosso.
La vena di Gagliardi è nella sostanza dolorosa e persino amara; forse le opere astratte, “il grande seme” dell’85, la Fontana di Castellana del “67, gli consentono di uscire dalla morsa di agre riflessioni per sublimarle al di là dei riscontri naturalistici. D’altro canto la pratica del ritratto, che egli esplica con autorevole franchezza e padronanza delle fisionomie, lo tiene legato a una corrispondenza affettuosa con il reale. Ma dagli anni settanta la serie di animali in cui egli esercita sapienza anatomica e mette a frutto studi sul movimento dei corpi, quando pure sono belli e vitali , esprimono tensione drammatica.
Sono bellissimi cavalli, dove senti in vari casi la suggestione di Marino, così come nelle “Bagnanti” è chiara l’orma di Arturo Martini. Ma sono cavalli rampanti o precipiti, distesi, rivoltati, straziati; sembra che il tema ricorrente sia la caduta, la disfatta, il dolore. E anche i nudini Martiniani di cui si diceva poco sopra, resi con una materia lucidissima e levigatissima, perdono la sostanza sensuale del modello per farsi simboli di un’umile carnalità.
E si guardi, per cogliere il fondo agro dell’ispirazione dell’artista, le sculture bronzee definite “satire”, ove la figura umana è stravolta in forma di pagliaccio, beffardo simbolo di totale povertà interiore.
Però, sia chiaro, quando il soggetto trascina Gagliardi verso una rappresentazione in positivo, quando gli ispira un discorso nobile, o grande, egli trova toni di generoso respiro. E citerò tre esempi che mi paiono soprattutto rappresentativi: la versione moderna del classico “Spinario”, dove il corpo giovanile è simbolo puro di armoniosa bellezza (e siamo nel 1974), il dolce e severo “Cristo” in marmo di Candoglia”, del 1988, dove il dolore è simboleggiato in termini di sublimazione estetica (e i riccioliscuri attorno al chiaro volto reclino sono insieme giovanile capigliatura e corona di spine); e il ritratto di Che Guevara, del 1972, a un tempo duro e ispirato, corrucciato e percorso di speranza.
Gagliardi, attento conoscitore della scultura antica per averla studiata da vicino, maneggiandola ed immedesimandosi nella sua concreta identità, crede nella scultura come al mezzo umanamente più alto per condensare in un oggetto ricordi, riflessioni, esperienze, e consegnate come messaggio, che cisascuno farà suo in un libero rapporto interpretativo”.
Legnano, “25 anni di scultura”, 1994 Prof.ssa Rossana Bossaglia
“Non fa eccezione Nicola Gagliardi, plasticatore e scultore di alto mestiere, di acuta sensibilità e di appassionata quanto provata umanità, cui non fa certamente difetto la conoscenza delle complesse tecniche, legate all’arte tridimensionale, che ci vengono da antiche civiltà nelle varie modalità scultoree: in pietra e marmo, in terracotta e ceramica o in legno, o mediante lo sbalzo e l’incisione. Tecniche e modalità che, da sempre, Nicola Gagliardi accompagna, rinnova e sostiene con il ricco bagaglio, tenuto sempre aggiornato con una attenta e versatile ricerca tecnologica, maturata dalle risorse messegli oggi a disposizione e adattate alle proprie necessità espressive per imprimere nuova vita alla materia.
Mi riferisco all’incontro, dapprima occasionale, che sul finire degli anni settanta, Gagliardi ebbe la ventura di sperimentare e poi stabilire- una collaborazione, infatti, che dura tuttora- con il cantiere della Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano.
Nel restauro conservativo della cattedrale milanese, ha forte rilevanza la statuaria, quasi 3.400 statue prodotte incessantemente da sei secoli. Per preservare quelle molto degradate dalla totale rovina e, nel contempo, per mantenere inalterato l’aspetto d’insieme, storico e artistico, del monumento, secondo una prassi comune in tutte le cattedrali gotiche, occorre di tanto in tanto provvedere alla loro replica, destinando gli originali alle raccolte della Fabbrica.
Fu così che, in aiuto al cantiere del Duomo, iniziò la collaborazione dello scultore Gagliardi. Il ripetuto contatto con statue d’ogni epoca e con un marmo dall’impasto e dal colore eccezionali, come quello di Candoglia, è stata l’occasione per il nostro artista di ripercorrere secoli di scultura lombarda e di misurarsi con un materiale – capace di trasparenze e di preziosità di trattamento difficili da conseguire con altri marmi- ma non facile da domare, da piegare ai desideri dello scultore e ai virtuosismi, messi in atto dal Gagliardi manovrando scalpelli, gradine e subbie, che il Candoglia stesso sovente suggerisce…..,, Ogni uomo, e in particolare l’artista, non viene mai dal nulla, ha dietro di sé- lo voglia o nò, ne sia consapevole o meno – un patrimonio genetico senza il quale nessuno può essere quello che è.
E, allora, è quanto mai responsabile, oltre che produttivo, l’atteggiamento di chi – come Nicola Gagliardi cerca di conoscere quanto gli sta alle spalle, ciò che lo ha preceduto: l’inesauribile bagaglio di cultura che è creatività, pensiero, esperienza, sofferenza, ma anche gioiosa libertà – dal quale proviene ed è alimentato. … Ed à quanto noi ritroviamo, felicemente ed autonomamente riproposto, nelle sue molte opere”.
Milano 1992, Dr. Arch. Ernesto Brivio
Vice architetto della “Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano”
Direttore del Museo del Duomo e Presidente della “European Chedrals Association”
“La ricerca di qualcosa che completi sempre più l’artista, proprio perché uomo, è l’aspirazione che mi spinge a cercare nello spazio la materializzazione di uno “specchio migliore”, il cui “riflesso”, a volte è solamente l’ansia di essere che mi sta attorno e dentro. (…) Il mio lavoro è diventato ormai un rincorrersi di situazioni, delle quali la più nuova, la più presente, non è mai appagata dalla “scultura precedente”, ( Arona Galleria D’Arte, 1977)
Queste parole di Nicola Gagliardi danno il senso che sottende il suo percorso artistico: coerente, ma mai bloccato su posizioni preconcette, espresso nei materiali più diversi, lavorati con straordinaria maestria. Facendo tesoro della lezione dei grandi maestri del 900, crea opere che vanno dalla piccola scultura sino al monumento. Coscenzioso nel restauro come nella replica di sculture del passato, umile nel cogliere da queste i suggerimenti utili per il suo operare più creativo. Tutto ciò lo si percepisce nell’antologica legnanese curata con scrupolosità dall’artista, che ha radunato opere di dimensioni contenute provenienti da collezioni private e di sua proprietà: 55 sculture, 7 ceramiche, alcune opere di grafica, gigantografie con repliche di statue del Duomo di Milano
Legnano, 25 anni di scultura 1994 Critico d’Arte Dr. Fabrizio Rovesti
“Per il primo teorico della statuaria, Leon Battista Alberti, la scultura consiste essenzialmente nel “tradurre nell’opera figure ed immagini somiglianti a corpi generati dalla natura”. Come la natura è consapevole di ciò che crea, così lo scultore, con i procedimenti della propria disciplina e con la necessaria diligenza, scoprirà i particolari principi della sua arte. Dalla natura apprenderà le regole e i mezzi sicuri con cui raggiungere l’eccellenza. L’opera dello scultore è vista dal grande teorico del rinascimento come in’imitazione non affidata al caso ma a regole precise. Queste si scoprono con il rilevamento delle misure e la presa dei punti. Ed è un processo che non si arresta nell’imitazione diretta di un corpo naturale, poiché prosegue nel passaggio dal modello in creta alla realizzazione in marmo. Scolpire è soprattutto misurare. Se questa definizione, accompagnata da consigli pratici e da strumenti appositi, può soddisfare la linea di principio, non tocca, tuttavia, il problema centrale dello scolpire: cioè il conflitto diretto con la materia, un corpo a corpo di cui Leonardo denunciava la fatica. E’ proprio nel domare la materia che si dimostrano le capacità dello scultore.
A questo proposito è interessante venire più vicino alla nostra epoca e ascoltare uno dei discorsi pronunciati dal direttore della Royal Academy di Londra, il pittore Sir Joshua Reynolds, fra il 1789 e il 1790. Per Reynolds l’esecuzione delle copie era un aspetto molto importante nell’educazione degli artisti. Proprio attraverso le copie e la scelta dei modelli del passato l’artista poteva trovare se stesso. Infatti, sosteneva, questo esercizio metteva lo studente direttamente a confronto con la grande tradizione, sospingendolo all’autocritica e all’emulazione. Eseguendo le copie, precisava, l’allievo diventa il proprio stesso maestro, perché perfeziona la propria abilità sperimentandola direttamente e non per accontentare un maestro. “Lo stile nella pittura (ma il discorso può essere esteso anche alla scultura) è lo stesso che nella scrittura, un potere sulla materia, che siano parole o colori, in cui concetti e sentimenti prendono forma”. Acquisire potere sulla materia è tanto più difficile esercizio quando la materia stessa è il marmo – che richiede un’operazione “in levare” – anziché la pittura o la scrittura, che si aggiungono alla pagina o alla tela vuote.
Questi aspetti – il ruolo del modello, l’importanza della copia, la sfida del mestiere – sono presenti nella mostra progettata da Nicola Gagliardi intorno a uno dei temi più antichi della scultura: quello della Madonna col Bambino.
Sono materiali che Gagliardi ha raccolto nel tempo e conservato nel suo studio: opere provenienti da gipsoteche e da laboratori ormai estinti, ma anche un piccolo nucleo appartenuto allo scultore Antonio Gagliardi che ci parla della trasmissione del mestiere di padre in figlio e, di nuovo, del paziente esercizio di copia sugli esempi della grande scultura toscana del Tre e Quattrocento.
Su questo fronte si è cimentato lo stesso Gagliardi utilizzando tecniche diverse: dalla fusione a cera persa da un modello dell’ambito del Rossellino, alla terracotta smaltata e alla ceramica raku ispirate a bassorilievi toscani trecenteschi, per giungere al vero banco di prova per lo scultore che è la lavorazione del marmo. Il riferimento è sempre alla scultura toscana, da Giovanni di <Balduccio fattosi milanese nell’arca di San Pietro Martire, fino al confronto più arduo, quello con il Tondo Taddei di Michelangelo.
Certamente si tratta di copie ma anche in queste c’è un margine per l’interpretazione personale, per cogliere dettagli che possono colpire in modo diverso la sensibilità di chi si accosta al modello.
Senza dubbio ciò che emerge da queste prove è l’abilità nell’uso dei materiali, la profonda conoscenza della tecnica, l’assoluta padronanza del mestiere: ma si tratta di un patrimonio di saperi indispensabile che riemerge quando, dalla copia, Gagliardi passa alla creazione autonoma. E’ qui che la lunga disciplina e gli insegnamenti maturati nella consuetudine con l’arte antica danno i frutti migliori.
Milano, Basilica Insigne Santi Apostoli e Nazaro Maggiore “Divina Madre” 2002
Dr.ssa Maria Teresa Fiorio
Soprintendente ai beni artistici, storici e demoetnoantropologici della Lombardia
“Un uomo è quello che fa. In quaranta anni di lavoro Gagliardi ha dimostrato, prima di tutto a se stesso, che non avrebbe potuto essere e fare, con medesimo successo, nient’altro che lo scultore.
Gagliardi ha dedicato metà della sua attività artistica collaborando con la Veneranda Fabbrica del Duomo di Milano. Egli ha replicato poco meno di cento statue di marmo di Candoglia , a beneficio di quello straordinario monumento dell’arte di tutti i tempi che è il Duomo di Milano.
E riesce difficile immaginare un’altra palestra altrettanto formidabile in cui confermare ed affinare il talento di uno scultore.
Vederlo lavorare è un’esperienza che spiega molto delle sua personalità. Lavorare alacremente e con acribia è sempre stato l’imperativo di gagliardi. Non c’è, tra l’altro, materiale con cui non ottenga risultati eccellenti e non ha mai esercitato la sua grande abilità con segretezza gelosa.
Il suo studio è stato, infatti, una scuola in cui diversi giovani artisti hanno imparato il “mestiere”.
San Vittore Olona, studio Gagliardi 2005 Dr. Alfonso Ferrari
“L’artista sempre offre una situazione antica e moderna insieme, aperta e a riepiloghi più svariati (…) ma in ogni caso situata nello slancio vitale di un sollievo universale, dove si sommano a un tempo le nostre incertezze e le nostre aspirazioni” (Apollonio).
Nella scultura di Nicola Gagliardi è costante il riferimento ad una nobile tradizione, che precede il passaggio dal progetto su carta all’opera finita, attraverso pratiche eminentemente artigianali. Dall’abbozzo iniziale, sintetico e sommario, al disegno complessivo, dalla preparazione dei bozzetti allo studio dell’influenza della luce – componente non secondaria- sono molteplici i problemi operativi che l’artista affronta, immaginando anche l’effetto complessivo che la scultura produrrà nella collocazione finale. Contestualmente all’elaborazione dei concetti, vi è un procedere “Concreto”, che scandisce i diversi momenti di lavorazione fino al raggiungimento del grado supremo di rifinitezza.
Così è avvenuto anche per i due altorilievi dell’Istituto scolastico voluto e finanziato da Talisio Tirinnanzi a Legnano; essi costituiscono il risultato di un confronto fra le idealità dell’artista e le aspirazioni del committente, volto a celebrare la memoria dei genitori e rendere omaggio alla città che a suo tempo li aveva ospitati.” (…) Nicola Gagliardi ha tradotto nel marmo la sua personale e feconda idea della scuola, affidando il proprio messaggio ad alcuni elementi allegorici. Nell’ altorilievo dedicato alla Scrittura, Ponte Vecchio diviene in tal modo metafora del collegamento tra civiltà e culture diverse, “ponte” in grado di veicolare lo scambio d’informazioni.
Nel paesaggio di Vignale Monferrato è invece leggibile il messaggio relativo alla necessità di un costante impegno in ogni attività umana: solo con la pazienza – a con la fatica- è infatti possibile ottenere buoni risultati, a scuola come nell’attività agricola, e di ciò sono testimonianza le dolci colline coltivata a vugna dell’altorilievo raffigurante La lettura.”
Legnano, 2007 Dr.ssa Marina Degl’Innocenti
“I restauri delle porte bronzee della Basilica di San Magno e del Monumento al Guerriero, oltre alla realizzazione dell’altare maggiore nella chiesa di Sant’Erasmo e al busto bronzeo al compositore Paolo F. Neglia : a queste opere per Legnano era legato, fino a oggi, il nome di Nicola Gagliardi. Sculture eclettico, voce dei nostri giorni con le radici saldamente infisse nella grande tradizione artistica italiana , Gagliardi arricchisce oggi la città di nuove opere, i due altorilievi collocati nel nuovo Istituto Tirinnanzi. Un lavoro, quest’ultimo di Gagliardi, che sintetizza al meglio il senso di un’opera su committenza, come quella destinata alla scuola fortemente voluta e finanziata da Talisio Tirinnanzi. La dimensione intima, familiare ricreata dallo scultore con la raffigurazione dei genitori di Tirinnanzi diventa “opera pubblica” non solo perché collocata all’ingresso dell’eistituto scolastico, quindi posta ad accogliere tutti i suoi visitatori; lo è soprattutto per i richiami a figure della cultura universalmente riconosciute, Dante e la musa Talia, che, pur ricollegandosi al vissuto dei coniugi, sono in grado di parlare a tutti. E soprattutto parlano ai discenti, primi fruitori, nella loro frequentazione quotidiana, della scuola. Così un omaggio tutto personale, un intervento “privato” può assumere un significato per la collettività; così uno scultore riesce veramente a essere un artista civile.
Legnano, 2007 Sindaco di Legnano Dr. Lorenzo Vitali
“In questa annata del 40° di fondazione, a Broni è ospite del Centro “Contardo Barbieri” un artista lombardo di razza, uno scultore che con la sua vasta ed articolata opera, come ha scritto Giovanni Testori, ha dimostrato di “capire cosa significhi il valore, il senso, il dramma, la bellezza, ma altresì la gloria, di creare in tutti i materiali possibili, atti culturali” (…) Diamo dunque un “benvenuto” all’artista per un dialogo cordiale e stimolante con Nicola Gagliardi, ospite a Broni “Re di Pais”
Broni, Centro Artistico “Contardo Barbieri” , 2006 Dr. Siro Brondoni
“Tra le arti, la scultura è forse quella meno facile: non ha l’immediatezza di un bel dipinto che trasmette emozioni coi suoi colori e le sue figure, né di una solenne architettura che si impone quale testimone dello spirito di un’epoca.
La scultura, anche nella monumentalità che spesso la caratterizza, è più discreta: le statue o i bassorilievi sembrano rivolgersi al pubblico con riserbo, pudicamente, e sembrano comunicare un messaggio che può essere inteso solo soffermandosi più a lungo a contemplare, a mirare come dicevano gli antichi Latini.
Osservare – mirare – contemplare – riflettere : verbi caduti in disuso nell’era della velocità, dei voli che catapultano rapidamente in parti opposte del globo, di internet che all’istante ci sommerge di dati, informazioni e notizie last minute.
Per questo, acquista sapore di eccezionalità la visita ad una mostra di scultura, come quella allestita a Broni con le opere di Nicola Gagliardi.
Entrando nella sala, le sculture ci accolgono in un caloroso abbraccio di forme e colori che immediatamente ci trascina altrove, in una sfera lontana, dove il quotidiano scompare per proiettarci nel mondo del mito e del sogno. Odisseo ci trascina sulle onde del suo mare infinito, gravido di insidie, ma affascinante e travolgente come l’ebrezza di Dioniso, ma le onde sono anche quelle in cui ci trastulliamo nelle nostre vacanze e davanti alle quali “Il va tout bien”; poi ci inerpichiamo sulle colline ed è dolce andare su quelle morbide alture dai colori soffici e lievi, dove pure ricompare il sogno, con le sue labbra ebbre di vita e d’amore.
Il sogno, quello di Breton, sulla luna dolce: “Vergine luna” diceva il poeta, mai paga di “riandare i sempiterni calli”, che stai in cielo, a contemplare le vicende umane delle quali a noi spesso sfugge il senso, che però “tu certo comprendi” vedendo il frutto/ del mattin, della sera,/ del tacito, infinito andar del tempo”, Ci affascina questa luna, come la creatura che su di essa morbidamente si adagia …, ma presto ritorniamo sulla terra, dove i cavalli si contorcono violentemente riportandoci alla realtà di una sofferenza che troppo spesso attanaglia l’uomo.
“Spesso il male di vivere ho incontrato:/ era il rivo strozzato che gorgoglia,/era l’incartocciarsi della foglia/ riarsa, era il cavallo stramazzato”.
L’uomo… sì, rieccolo, ma è un uomo pensante, non il potente pensatore di Rodin, è l’uomo davanti al suo scrittoio, che incarna il nostro profondo bisogno di solitudine, di ricerca quotidiana del proprio essere,di quotidiano sforzo per trovare il senso del proprio esistere.
In quell’uomo davanti allo scrittoio, sia esso vuoto o visitato dalla civetta e dal pinguino, ci siamo tutti noi , uomini del Terzo Millennio, circondati da squisiti confort forniti dalla tecnologia, ma anche un po’impauriti dai nostri stessi progressi oppure delusi dai mille perché ancora rimasti irrisolti, dalle mille ingiustizie che gridano il proprio dolore; quell’uomo che pensa, incarna la nostra speranza, la fiducia che tuttavia non ci abbandona, perché - ancora una volta- l’arte ci ha ammaliati, ci ha rasserenati, ci ha fatti sentire tutt’uno con l’universo.
L’arte è sogno, immaginazione, vita, ricerca dell’io, ricerca di un’essenza comune, quella per cui goà Terenzio – più di Duemila anni fa – diceva Homo sum: umani nihil a me alienum puto.
Broni, “Poesia della scultura” 2006 Dr.ssa Marilena Goracci
“L’arte è un modo speciale di pensare” scriveva alla fine degli anni70 l’emminente critico Harold Rosenberg. Si tratta di parole chiare e decise su una questione inconsistente che dovrebbe essere pacifica, ma che invece si è trascinata nei secoli, come testimonia Leonardo.
In effetti per quanto riguarda l’artista non è possibile pensare che si tratti di un artigiano solo più intelligente, con maggiore cultura e consapevolezza, dotato di conoscenze approfondite, preferibilmente con un occhio al passato e sul presente. Il punto centrale è che l’artista possiede una sua capacità di pensiero quindi elabora concetti ed idee, infine è in grado di esprimere giudizi critici. Ovviamente se si è di fronte ad un vero artista tutto questo deve risultare dalle sue opere, come si dirà più avanti.
Considerazioni di questo tipo occupavano la mia mente mentre tornavo nello studio di Nicola Gagliardi, intento a selezionere le opere per questa esposizione di sculture e rilievi policromi. Era evidente che l’artista aveva in mente un suo progetto e mi sembrava anche che, spostandole e allineandole, egli trattasse queste sue opere con tenerezza, come piccoli figli: forse perché alcune di esse costituivano un nuovo ciclo oppure perché un certo soggetto, già realizzato in precedenza, aveva ora acquistato un’anima più ricca per la diversa tecnica impiegata, ancora perché un certo colore rendeva più vibrante la materia. (….)
Senza dubbio ci aiutano a riconoscere l’effimero e a guardare il concreto, lasciando spazio alle emozioni profonde della mente e del cuore.
Angera “La realtà e Oltre” Studio D’arte Libery , 2007 Dr. Michele Petrantoni